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Chiamati a credere

Avere un amico caro. Desiderare ascoltarlo, stare con lui perché non parla come gli altri uomini. Dice sempre cose nuove che mi fanno bene. Poi è morto. È sparito e sono rimasto nella più profonda tristezza. Al mattino qualcuno mi dice l’incredibile: il mio amico è risuscitato, è di nuovo vivo. Ma io non l’ho ancora visto con i miei occhi. Se mi è stato difficile credere alla sua morte, è ora più difficile credere che è tornato a vivere. Di fatto, nel mattino di Pasqua, la resurrezione di Gesù fu vissuta come un’assenza. Gli evangelisti , ciascuno alla sua maniera, ci parlano di questa assenza, della tomba vuota e della gente che si interroga. Maria Maddalena appena all’alba è corsa al sepolcro ed è sconvolta . “Hanno portato via il Signore e non so dove lo hanno messo” (Gv. 20,2). Un altro gruppo di donne vi giungono all’aurora, entrano nella tomba ma non trovano il corpo del Signore e non sanno che pensare. Due angeli dicono loro: “Non è qui, è risuscitato”. L’evangelista Marco ci dice di tre donne che vanno al sepolcro al sorgere del sole e vedono un giovane vestito di bianco che dice loro di andare ad annunciare ai discepoli che Gesù è risorto, ma esse fuggono tremando e non dicono niente a nessuno perché hanno paura . Anche gli Apostoli vanno alla tomba, ma la trovano vuota.
La mattina di Pasqua la resurrezione di Gesù è vissuta come un’assenza, come una tensione tra la speranza e l’esperienza che il corpo non c’è più, una sparizione. Nessuno lo ha visto. La sera Gesù prende l’iniziativa di manifestarsi, di farsi riconoscere. Con dolcezza, senza provocare shock. Si avvicina a Maria Maddalena: “ Donna, perché piangi?”. Dopo pranzo si manifesta ai discepoli di Emmaus. Nessuno più di loro può ritenere che è vivo. La terza volta, lo stesso giorno di Pasqua; Gesù si manifesta ai discepoli del cenacolo e rimane con loro. Non con loro ma in mezzo a loro perché soltanto se lui è al centro si è ricostruita la comunità. Li rimprovera per la loro incredulità e ostinazione e poi li manda ad annunciare il Vangelo a tutte le creature. Questi increduli ricevono la missione di propagare la fede nel mondo intero.
E noi in questi giorni di Pasqua siamo vigorosamente chiamati a credere, a vivere l’atto di fede rinnovato la notte di Pasqua, ad essere testimoni del Vangelo. “Voi siete risorti in Cristo” ci assicura San Paolo. Lo crediamo? Lo viviamo?
Nella situazione delle prime ore di Pasqua è descritta la situazione della nostra fede. Un sepolcro vuoto, la testimonianza degli apostoli che – per quanto autorevoli – sono sempre altri. La tentazione di Tommaso, se non vedo non credo, è la nostra. Ogni cristiano, ogni uomo ha il desiderio di vedere Gesù. In una parola: ciascuno sente il bisogno che la sua fede diventi esperienza. Non parlare perché l’ho imparato al catechismo o studiato in teologia, ma perché io stesso l’ ho sperimentato e sentito vivo e presente nella mia vita. Come fare? È percepibile Gesù con i propri sensi?. Certamente. Si tratta però di sensi spirituali come diceva Origene. L’esperienza spirituale della presenza di gesù vivo si fa rinnovando e vivendo interamente al propria fede. Perché sempre di fede si tratta.
Dio non si fa sentire per dimostrare che c’è e che è presente, ma per rispondere ad una fede sincera e prolungata adorazione del SS. Sacramento e quando ne sarai meno indegno sentirai dentro di te la certezza che lui è lì, vivo e presente per te. Se vuoi sperimentarlo presente nei poveri, vai a cercarli: se non li hai in casa, mettiti a loro servizio, trattali come il Signore stesso e sentirai dentro di te crescere la certezza della parola del Signore. “Lo avete fatto a me”. Vuoi avere la certezza che Lui, il Signore, è misericordia e perdono? Preparati e poi avvicinati ad una bella confessione e sperimenterai che Lui è misericordia e perdono. Ovviamente questa esperienza è quanto di più personale esista. Come avvenne per gli apostoli dopo la Pasqua, il Signore ci recupera e ci riconquista uno per uno perché la propria adesione a Lui sia profonda e sincera, capace di parlarne, di dirla agli altri non come qualcosa di sentito dire ma perché noi stessi l’abbiamo sperimentato e conosciuto. Per convincere gli apostoli della sua presenza di Risorto ci mise quaranta giorni. Ci riuscì con tutti, infatti tutti diedero la vita per Lui. Ciascuno ha i suoi tempi. Il tempo della fede coincide con quello della vita.

 

Giuseppe Mani

Tratto da "il Portico", anno V n. 13, "Chiamati a credere "