Distinta fra i monumenti di Pirri per dovizia di memorie storiche, la chiesa filiale di San Pietro Apostolo, Santa Rosalia, si affaccia su una silenziosa e quasi nascosta piazzetta, fulcro e respiro del quartiere omonimo.
Il rev. Gerolamo Simoni la fece edificare nel 1756.
Tuttavia possiamo affermare che prima di quella data, nello stesso luogo o in un'area vicina, esisteva un altro edificio di culto dedicato alla santa, infatti la devozione alla santa è attestata fin dal 1659.
Il fabbricato inizialmente presentava solo un'aula mononavata. Poi, il Simoni prescrisse continue migliorie all'edificio sacro e in particolare la costruzione di qualche cappella, di un loggiato e di un muro di cinta del terreno su cui prospettava, disposizione alla quale, il servo e fattore Antonio Locci si attenne puntualmente alla morte del curato, avvenuta nel 1766.
A pochi anni dalla sua fondazione l'edificio accusava già problemi di statica e un decreto di visita pastorale emanato nel 1761 raccomandava una perizia al fine di evidenziarne e ripararne i guasti. Tanto più che il tempio andava acquistando un suo posto preciso nella vita religiosa di Pirri: decadute le due chiese rurali, dopo il San Pietro Apostolo rimaneva l'unico punto di riferimento spirituale per i fedeli della parrocchia.
La continua sollecitudine per il centro sacro, dotato di paramenti e di quant'altro abbisognava per la celebrazione della messa festiva, si interruppe alla morte di Antonio Locci, nel 1774, quando i beni del Simoni furono messi in vendita.
Per l'edificio sacro ebbe inizio un degrado incessante. Sebbene nel 1824 l'arcivescovo di Cagliari, mons. Nicolò Navoni ne avesse ordinato il restauro, nel 1845 i muri esterni minacciavano rovina e il portone d'ingresso perforato era divenuto inservibile.
Intorno al 1870 la chiesa arrivo a tal punto di indecenza da pregiudicare lo svolgimento delle funzioni liturgiche e della festa in onore della santa. Così il rettore Luigi Bernardi, per raccogliere i fondi necessari alle riparazioni, domando all'autorità ecclesiastica l'assenso a vendere le pietre del muro di cinta, muro in parte divelto per asportarne abusivamente materiale edilizio, in parte crollato con serio pericolo per l’incolumità dei passanti. Qualche tempo dopo l’arcivescovo Giovanni Antonio Balma, dopo una visita pastorale in parrocchia dichiarò la chiesa interdetta e il Municipio, sembrando essa ormai priva di carattere sacro, nel 1873 ne chiese la cessione al prelato al fine di metterla in vendita e con il ricavato costruire il nuovo cimitero del paese. Ma l’opinione pubblica si manifestò profondamente avversa, data la venerazione in cui il tempio era tenuto e per scongiurare il “sacrilegio” si decise di organizzare una questua tra il popolo, che fruttò la somma necessaria al restauro.
Nell’ultimo dell’800 e nei primi anni del secolo seguente, la chiesa venne adibita a scopi profani. Per lungo tempo vi si tenne l’istruzione scolastica su licenza precaria dell’autorità religiosa, cosicché il Municipio ne rivendicò il possesso per usucapione, subito citato in giudizio dal Vicariato Generale della Diocesi di Cagliari e dalla parrocchia di Pirri. La causa iniziata il 27 settembre 1918 si concluse nel maggio 1920, sfavorevolmente al Comune.
Nel 1911 fu trasformata in lazzaretto in occasione di un’epidemia di colera. Nel 1912 vi si vaccinò il popolo contro il vaiolo, vi si svolsero elezioni e sedute del consiglio comunale. In seguito fu di nuovo abbandonata.
Nel 1949 si resero necessarie altre opere di consolidamento, alle quali provvide il benefattore Antonio Zorcolo. Per alcuni anni si celebrò la messa festiva, poi l’incuria prevalse e la chiesa si ridusse ad un cumulo di macerie. L’antica vicenda si ripropose. Nel 1981 alcuni consiglieri circoscrizionali pensarono di requisire il tempio per farne una sede per attività sociali o demolirlo e destinare l’area a pubblica piazza. I Pirresi si mostrarono tanto contrari all’attuazione del progetto che il rev. Giosuè Angioni, parroco di San Pietro Apostolo organizzò un comitato rappresentativo degli abitanti del quartiere con l’intento di raccogliere fondi per provvedere al restauro.
La solenne benedizione del nuovo edificio ebbe luogo nel gennaio 1983 ad opera del vescovo ausiliare di Cagliari mons. Tiddia alla presenza di varie autorità religiose e comunali e di una gran folla di fedeli. L’edificio esteso su una navata e due cappelle, si presenta piccolo e armonioso.
Il prospetto è semplicissimo, piano, senza finestre, con un’unica porta sormonta da una lunetta e da un campanile a vela che oggi ospita una campana, all’interno solo pochi arredi. Una nicchia ricavata nella parte retrostante l’altare di marmo accoglie una antica statua di Santa Rosalia, restaurata da Angelo Defraia alcuni decenni or sono, in seguito ad un incendio appiccato da ignoti. Lì accanto si può vedere anche un crocifisso a muro, moderno. Nella cappella di sinistra in una nicchia aperta, nella parte centrale è esposta una statua del Sacro Cuore e più in basso, su un supporto ligneo, un simulacro di Sant’Antonio da Padova. In quella di destra, di fronte, vi è un bel crocifisso del ‘700, anch’esso restaurato da Angelo Defraia e un simulacro di Madonna con Bambino offerto da un gruppo di fedeli. Recentissimi i quadri della Via Crucis realizzati a sbalzo in lamiera di rame dallo scultore Giampaolo Zedda.
La chiesa, già da tempo riaperta al culto, oggi si anima di canti e di preghiere nei tre giorni di festa che dal 1994, all’inizio di settembre il quartiere dedica alla santa, grazie a un comitato che raccoglie casa per casa le offerte dei fedeli. I riti religiosi comprendono, tra l’altro, messe solenni e una processione lungo le vie circostanti la chiesa, pavesate di bandierine multicolori. Ad essi si affiancano manifestazioni civili. Nella piazzetta si esibiscono bande musicali e gruppi folkloristici, si tengono spettacoli di cabaret, si balla; bambini e adulti si cimentano in gare semplici e divertenti. La partecipazione popolare è sempre molo intensa.
Tratto da "Pirri, paese antico" di Maria Rosaria Lai
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