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Il Santo Padre a Cagliari: omelia e discorsi

 

 


Saluto di mons. Giuseppe Mani, Arcivescovo di Cagliari, prima della Messa


Santità,
La accogliamo in questo tempio che il Signore ci ha preparato.
È il più bello.
Questo stupendo cielo di Sardegna ne sono le volte,
le nostre spiagge sono le pareti, il pavimento è intriso d’oro.
Tutta l’Isola oggi è un tempio del Signore.
C’è Lui, il Padre.
C’è Gesù vivo e presente.
Lo Spirito ci ha convocati.
C’è il Vicario di Cristo che è venuto a confermarci nella fede.
Tutta la Sardegna è qui.
Ci sono i malati e gli anziani uniti a noi con i mezzi di comunicazione sociale.
Ci sono i nostri fratelli delle carceri che Vi abbracciano.
Ci sono anche coloro che non volendo partecipare occhieggiano qui e là con lo sforzo di non lasciarsi coinvolgere.
Santità,
La abbiamo voluta nelle sponde del nostro mare perché si sentisse a casa sua, a Cafar-nao, e soprattutto a Cesarea, per farLe sentire di nuovo la voce di Cristo: “Pasci i miei agnelli. Pasci la mie pecorelle”.
Quelle barche e quei pescatori siamo noi. Dopo aver lavorato tutta la notte senza gua-dagnare nulla, guardando verso terra, abbiamo visto un uomo vestito di bianco che ha acceso un fuoco e ci ha invitato: “Venite a me voi tutti che siete affaticati ed oppressi ed io vi ristorerò”. “Non temete io sono con voi sempre, sino alla fine dei tempi”. “Io sono il pane vivo disceso dal cielo”.
Siamo venuti. Ed abbiamo trovato qualcosa di più squisito di un ottimo pesce arrosti-to. L’Eucarestia del Signore.
Santità,
La Sardegna è tutta qui.
Siamo venuti e Le abbiamo portato quanto di più bello possediamo: la nostra fede.
Ce l’hanno consegnata i martiri, è nata nelle profondità delle nostre miniere, è stata fecondata da tanti testimoni, è vivificata nelle nostre famiglie.
Fu per questa fede che un secolo fa, i nostri padri scelsero Maria come la loro massi-ma Patrona.
Questa fede la presento a Lei perché ci confermi. Ci dica che è la stessa fede che i martiri ci hanno portato, la vera fede di Gesù.

Con questa sicurezza riprenderemo il nostro cammino per fare della nostra vita un lembo del Regno di Dio.

 


Omelia del Santo Padre

Cari fratelli e sorelle!
Lo spettacolo più bello che un popolo può offrire è senz’altro quello della propria fe-de. In questo momento io tocco con mano una commovente manifestazione della fede che vi anima, e di questo voglio esprimervi subito la mia ammirazione. Ho accolto volentieri l’invito a venire nella vostra bellissima Isola in occasione del centenario della proclamazione della Madonna di Bonaria quale vostra Principale Patrona. Oggi, insieme alla visione della natura stupenda che ci circonda, voi mi offrite quella della fervida devozione che nutrite ver-so la Vergine Santissima. Grazie per questa bella testimonianza!
Vi saluto tutti con grande affetto, incominciando dall’Arcivescovo di Cagliari, Mon-signor Giuseppe Mani, Presidente della Conferenza Episcopale sarda, che ringrazio per le cortesi parole pronunciate all’inizio della santa Messa anche a nome degli altri Vescovi, ai quali va il mio cordiale pensiero, e dell’intera comunità ecclesiale che vive in Sardegna. Gra-zie soprattutto per l’impegno con cui avete voluto preparare questa mia visita pastorale. Salu-to le Autorità civili ed in particolare il Sindaco, che sul piazzale del Santuario mi ha rivolto il saluto suo e della Città. Saluto le altre Autorità presenti e ad esse esprimo la mia riconoscen-za per la collaborazione generosamente offerta all’organizzazione della mia visita qui in Sar-degna. Desidero quindi salutare i sacerdoti, in maniera speciale la Comunità dei Padri Merce-dari, i diaconi, i religiosi e le religiose, i responsabili delle associazioni e dei movimenti ec-clesiali, i giovani e tutti i fedeli, con un ricordo cordiale per gli anziani centenari e quanti so-no uniti a noi spiritualmente o attraverso la radio e la televisione. In modo del tutto speciale, saluto gli ammalati e i sofferenti, con un particolare pensiero per i più piccoli.
Siamo nel Giorno del Signore, ma – data la particolare circostanza – la liturgia della Parola ci ha proposto letture proprie delle celebrazioni dedicate alla Beata Vergine. Si tratta, in particolare, dei testi previsti per la festa della Natività di Maria, che da secoli è fissata all’8 settembre, data in cui a Gerusalemme fu consacrata la basilica costruita sopra la casa di sant’Anna, madre della Madonna. Sono letture che in effetti contengono sempre il riferimento al mistero della nascita. Anzitutto l’oracolo stupendo del profeta Michea su Betlemme, in cui si annuncia la nascita del Messia. Egli sarà discendente del re Davide, betlemmita come Lui, ma la sua figura eccederà i limiti dell’umano: “le sue origini” – infatti – “sono dall’antichità”, si perdono nei tempi più lontani, sconfinano nell’eterno; la sua grandezza giungerà “fino agli estremi confini della terra” e tali saranno anche i confini della pace (cfr Mic 5,1-4a). L’avvento di questo “Consacrato del Signore”, che segnerà l’inizio della liberazione del po-polo, viene definito dal profeta con un’espressione enigmatica: “quando colei che deve parto-rire partorirà” (Mic 5,2). Così, la liturgia – che è scuola privilegiata delle fede – ci insegna a riconoscere nella nascita di Maria un diretto collegamento con quella del Messia, Figlio di Davide.
Il Vangelo, una pagina dell’apostolo Matteo, ci ha proposto proprio il racconto della nascita di Gesù. L’Evangelista, però, lo fa precedere dal resoconto della genealogia, che egli colloca all’inizio come un prologo. Pure qui il ruolo di Maria nella storia della salvezza risal-ta in tutta la sua evidenza: l’essere di Maria è totalmente relativo a Cristo, in particolare alla sua incarnazione. “Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo” (Mt 1,16). Salta all’occhio la discontinuità che vi è nello schema della gene-alogia: ma proprio in questo si coglie la bellezza del disegno di Dio, che rispettando l’umano lo feconda dall’interno, facendo sbocciare dall’umile Vergine di Nazaret il frutto più bello della sua opera creatrice e redentrice. L’Evangelista pone poi sulla scena la figura di Giusep-pe, il suo dramma interiore, la sua fede robusta e la sua esemplare rettitudine. Dietro i suoi pensieri e le sue deliberazioni c’è l’amore per Dio e la ferma volontà di obbedirgli. Ma come non sentire che il turbamento e quindi la preghiera e la decisione di Giuseppe sono mossi, al empo stesso, dalla stima e dall’amore per la sua promessa sposa? La bellezza di Dio e quella di Maria sono, nel cuore di Giuseppe, inseparabili; egli sa che tra di esse non può esservi con-traddizione; cerca in Dio la risposta e la trova nella luce della Parola e dello Spirito Santo: “Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele” (Mt 1,23; cfr Is 7,14).
Possiamo così, ancora una volta, contemplare il posto che Maria occupa nel disegno salvifico di Dio, quel “disegno” che ritroviamo nella seconda lettura, tratta dalla Lettera ai Romani. Qui l’apostolo Paolo esprime in due versetti di singolare densità la sintesi di ciò che è l’esistenza umana da un punto di vista meta-storico: una parabola di salvezza che parte da Dio e a Lui nuovamente giunge; una parabola interamente mossa e governata dal suo amore. Si tratta di un disegno salvifico tutto permeato dalla libertà divina, che attende tuttavia dalla libertà umana un contributo fondamentale: la corrispondenza della creatura all’amore del suo Creatore. Ed è qui, in questo spazio dell’umana libertà, che percepiamo la presenza della Vergine Maria, senza che venga mai nominata: Ella infatti è, in Cristo, primizia e modello di “coloro che amano Dio” (Rm 8,28). Nella predestinazione di Gesù è inscritta la predestina-zione di Maria, come pure quella di ogni persona umana. Nell’“eccomi” del Figlio trova eco fedele l’“eccomi” della Madre (cfr Eb 10,6), come anche l’“eccomi” di tutti i figli adottivi nel Figlio.
Cari amici di Cagliari e della Sardegna, anche il vostro popolo, grazie alla fede in Cri-sto e mediante la spirituale maternità di Maria e della Chiesa, è stato chiamato ad inserirsi nella spirituale “genealogia” del Vangelo. In Sardegna il cristianesimo è arrivato non con le spade dei conquistatori o per imposizione straniera, ma è germogliato dal sangue dei martiri che qui hanno donato la loro vita come atto di amore verso Dio e verso gli uomini. È nelle vostre miniere che risuonò per la prima volta la Buona Novella portata dal Papa Ponziano e dal presbitero Ippolito e da tanti fratelli condannati ad metalla per la loro fede in Cristo. Così anche Saturnino, Gavino, Proto e Gianuario, Simplicio, Lussorio, Efisio, Antioco sono stati testimoni della totale dedizione a Cristo come vero Dio e Signore. La testimonianza del mar-tirio conquistò un animo fiero come quello dei Sardi, istintivamente refrattario a tutto ciò che veniva dal mare. Dall’esempio dei martiri prese vigore il vescovo Lucifero di Cagliari, che difese l’ortodossia contro l’arianesimo e si oppose, insieme ad Eusebio di Vercelli, anch’egli cagliaritano, alla condanna di Atanasio nel Concilio di Milano del 335, e per questo venne condannato all’esilio. La Sardegna non è mai stata terra di eresie; il suo popolo ha sempre manifestato filiale fedeltà a Cristo e alla Sede di Pietro. Sì, cari amici, nel susseguirsi delle invasioni e delle dominazioni, la fede in Cristo è rimasta nell’anima delle vostre popolazioni come elemento costitutivo della vostra stessa identità sarda.
Dopo i martiri, nel V secolo, arrivarono dall’Africa romana numerosi Vescovi che, non avendo aderito all’eresia ariana, dovettero subire l’esilio. Venendo nell’isola, essi portarono con sé la ricchezza della loro fede. Furono oltre cento Vescovi che, sotto la guida di Fulgenzio di Ruspe, fondarono monasteri e intensificarono l’evangelizzazione. Insieme alle reliquie gloriose di Agostino, portarono la ricchezza della loro tradizione liturgica e spiritua-le, di cui voi conservate ancora le tracce. Così la fede si è sempre più radicata nel cuore dei fedeli fino a diventare cultura e produrre frutti di santità. Ignazio da Láconi, Nicola da Géstu-ri sono i santi in cui la Sardegna si riconosce. La martire Antonia Mesina, la contemplativa Gabriella Sagheddu e la suora della carità Giuseppina Nicóli sono l’espressione di una gio-ventù capace di perseguire grandi ideali. Questa fede semplice e coraggiosa, continua a vivere nelle vostre comunità, nelle vostre famiglie, dove si respira il profumo evangelico delle virtù proprie della vostra terra: la fedeltà, la dignità, la riservatezza, la sobrietà, il senso del dovere.
E poi, l’amore per la Madonna. Siamo infatti qui, oggi, a commemorare un grande at-to di fede, che un secolo fa i vostri padri compirono affidando la propria vita alla Madre di Cristo, quando la scelsero come Patrona massima dell’Isola. Non potevano sapere allora che il 1900 sarebbe stato un secolo molto difficile, ma certamente fu proprio in questa consacra-zione a Maria che trovarono in seguito la forza per affrontare le difficoltà sopravvenute, specialmente con le due guerre mondiali. Non poteva essere che così. La vostra Isola, cari amici della Sardegna, non poteva avere altra protettrice che la Madonna. Lei è la Mamma, la Figlia e la Sposa per eccellenza: “Sa Mama, Fiza, Isposa de su Segnore”, come amate cantare. La Mamma che ama, protegge, consiglia, consola, dà la vita, perché la vita nasca e perduri. La Figlia che onora la sua famiglia, sempre attenta alle necessità dei fratelli e delle sorelle, solle-cita nel rendere la sua casa bella e accogliente. La Sposa capace di amore fedele e paziente, di sacrificio e di speranza. A Maria in Sardegna sono dedicate ben 350 chiese e santuari. Un po-polo di madri si rispecchia nell’umile ragazza di Nazaret, che col suo “sì” ha permesso al Verbo di diventare carne.
So bene che Maria è nel vostro cuore. Dopo cent’anni vogliamo quest’oggi ringra-ziarLa per la sua protezione e rinnovarLe la nostra fiducia, riconoscendo in Lei la “Stella del-la nuova evangelizzazione”, alla cui scuola imparare come recare Cristo Salvatore agli uomi-ni e alle donne contemporanei. Maria vi aiuti a portare Cristo alle famiglie, piccole chiese domestiche e cellule della società, oggi più che mai bisognose di fiducia e di sostegno sia sul piano spirituale che su quello sociale. Vi aiuti a trovare le opportune strategie pastorali per far sì che Cristo sia incontrato dai giovani, portatori per loro natura di nuovo slancio, ma spesso vittime del nichilismo diffuso, assetati di verità e di ideali proprio quando sembrano negarli. Vi renda capaci di evangelizzare il mondo del lavoro, dell’economia, della politica, che ne-cessita di una nuova generazione di laici cristiani impegnati, capaci di cercare con competen-za e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile. In tutti questi aspetti dell’impegno cri-stiano potete sempre contare sulla guida e sul sostegno della Vergine Santa. Affidiamoci per-tanto alla sua materna intercessione.
Maria è porto, rifugio e protezione per il popolo sardo, che ha in sé la forza della quercia. Passano le tempeste e questa quercia resiste; infuriano gli incendi ed essa nuovamen-te germoglia; sopravviene la siccità ed essa vince ancora. Rinnoviamo dunque con gioia la nostra consacrazione ad una Madre tanto premurosa. Le generazioni dei Sardi, ne sono certo, continueranno a salire al Santuario di Bonaria per invocare la protezione della Vergine. Mai resterà deluso chi si affida a Nostra Signora di Bonaria, Madre misericordiosa e potente. Ma-ria, Regina della Pace e Stella della speranza, intercedi per noi. Amen!



Angelus del Santo Padre

Cari fratelli e sorelle!
Al termine di questa solenne celebrazione eucaristica volgiamo ancora il nostro sguardo verso la “dolce Regina dei Sardi”, venerata su questo colle di Bonaria. Nel corso dei secoli, quanti personaggi illustri sono venuti a renderle omaggio! Quanti miei Predecessori hanno voluto onorarla con particolare affetto! Il beato Pio IX ne decretò l’incoronazione; san Pio X, cent’anni or sono, la proclamò Patrona di tutta la Sardegna; Pio XI attribuì alla nuova chiesa il titolo di Basilica Minore; Pio XII, 50 anni fa, si rese qui spiritualmente presente con uno speciale Messaggio trasmesso in diretta dalla Radio Vaticana e il beato Giovanni XXIII, nel 1960, inviò una lettera per la riapertura del Santuario al culto, dopo il restauro. Primo Papa a tornare nell’Isola dopo 1650 anni fu il Servo di Dio Paolo VI, che visitò il Santuario il 24 aprile del 1970. E davanti alla sacra effigie della Madonna, sostò in preghiera pure l’amato Giovanni Paolo II, il 20 ottobre 1985. Sulle orme dei Papi che mi hanno preceduto, anch’io ho scelto il Santuario di Bonaria per compiere una visita pastorale che vuole idealmente abbracciare l’intera Sardegna.
A Maria vogliamo oggi rinnovare l’affidamento della città di Cagliari, della Sardegna e di ogni suo abitante. Continui la Vergine Santa a vegliare su tutti e su ciascuno, perché il patrimonio dei valori evangelici sia trasmesso integro alle nuove generazioni, e perché Cristo regni nelle famiglie, nelle comunità e nei vari ambiti della società. In particolare, protegga la Madonna quanti, in questo momento, più necessitano del suo materno intervento: i bambini e i giovani, gli anziani e le famiglie, gli ammalati e tutti i sofferenti.
Consapevoli del ruolo importante che Maria svolge nell’esistenza di ciascuno di noi, quali figli devoti ne festeggiamo quest’oggi la nascita. Quest’evento costituisce una tappa fondamentale per la Famiglia di Nazareth, culla della nostra redenzione; un evento che tutti ci riguarda, perché ogni dono che Dio ha concesso a Lei, la Madre, lo ha concesso pensando anche a ciascuno di noi, suoi figli. Perciò, con immensa riconoscenza, domandiamo a Maria, Madre del Verbo incarnato e Madre nostra, di proteggere ogni mamma terrena: quelle che, insieme col marito, educano i figli in un contesto familiare armonioso, e quelle che, per tanti motivi, si trovano sole ad affrontare un compito così arduo. Possano tutte svolgere con dedizione e fedeltà il loro quotidiano servizio nella famiglia, nella Chiesa e nella società. Per tutte la Madonna sia sostegno, conforto e speranza!
Sotto lo sguardo di Maria voglio ricordare le care popolazioni di Haiti, duramente provate nei giorni scorsi dal passaggio di ben tre uragani. Prego per le vittime, purtroppo numerose, e per i senza-tetto. Sono vicino all’intera Nazione ed auspico che ad essa giungano al più presto i necessari aiuti. Tutti affido alla materna protezione di Nostra Signora di Bonaria.



Saluto di benvenuto del sindaco di Cagliari Emilio Floris
a Sua Santità Papa Benedetto XVI

Beatissimo Padre,
con grande emozione Vi porgo il saluto di benvenuto della cittadinanza e mio personale.
Cagliari è una città che vuole crescere e incrementare il benessere della sua comunità in tutte le componenti. Penso, soprattutto, a coloro che avvertono maggiormente il peso della crisi economica e ai tanti giovani in cerca di occupazione per i quali stiamo moltiplicando gli sforzi con l´obbiettivo di raggiungere uno sviluppo economico soddisfacente nel nostro territorio e in tutta l´Isola.
Oggi la Vostra visita rappresenta, per tutti noi, un grande incoraggiamento a fare ancora meglio e di più. Come primo cittadino della capitale della Sardegna sono felice di accoglierVi, rappresentando il caloroso abbraccio e la devozione dei cagliaritani e di tutti i sardi. Di quelli accorsi con visibile entusiasmo ad affollare questa piazza e di quelli che per valide ragioni non sono presenti, anche se certamente sono qui col cuore.
Sono pochi i sindaci di questa terra che hanno avuto l´onore di poter accogliere un Pontefice ed io, da oggi, sono tra loro. Anche di questo debbo ringraziare la Vergine Maria, Patrona Massima della Sardegna nel titolo di Nostra Signora di Bonaria. La ricorrenza del suo centenario, ci ha offerto una buona ragione per avere tra noi il successore di Pietro.
Così avvenne negli anni Settanta per la visita dello stimato Pontefice Paolo VI, richiamato in Sarde-gna per il sesto centenario dall´arrivo, nella nostra terra, del prezioso simulacro della Madonna. In questo stesso luogo, così caro ai cagliaritani e ai sardi, avvenne l´incontro con il venerato servo di Dio Giovanni Paolo II.
Santità,
questa terra e questa piazza esprimono la fede del nostro popolo che la Vergine ha voluto visitare e che oggi ci dona la gioia di avere la Vostra presenza di Padre e di Pastore. Questa radiosa giornata ci stimola a rafforzare, ciascuno nel proprio ambito, il nostro impegno a favore dei valori non nego-ziabili: la tutela della vita umana, della famiglia, il rispetto dei più deboli e tutti i temi etici che scuotono la coscienza dei cittadini.
Beatissimo Padre, in attesa di accogliere il Vostro autorevole insegnamento, la Città, i Sardi e tutti i presenti attendono la Vostra benedizione.
Grazie, Santità, benvenuto a Cagliari

 


Saluto dell'Arcivescovo mons. Giuseppe Mani,
in Cattedrale per l'incontro con i sacerdoti

 

Santità,
Ecco il cuore della Chiesa che è in Sardegna: I sacerdoti.
Sono i laboriosi seminatori della Parola.
Le sentinelle che vigilano attentamente e affettuosamente sul Suo popolo.
I pastori che coltivano “l’agricoltura di Dio”
Sono felici di essere preti
Perché essere prete è bello.
E sono i testimoni di quanto di più bello possiede il nostro popolo: la fede.
Una fede semplice, evangelica.
Nelle loro parrocchie incontrano ogni giorno famiglie come quella di Gioacchino ed Anna, di Elisabetta e Zaccaria, di Maria e di Giuseppe.
Ogni giorno vedono volti pacifici e sereni come quelli di Simeone ed Anna.
Le fede del nostro popolo è semplice e vera; proprio quella che salva.
Una fede per nulla sofisticata ma vissuta e molto pregata.
Vorremmo offrirLe il segno della fede del nostro popolo, quello con cui le mamme sostengono i loro figli che sono dovuti emigrare lontano.
Quello con cui gli anziani riempiono la loro attesa del Signore.
Quello con cui, nella gioia e nel dolore, si esprimono le struggenti parole del cuore:
la catena della speranza, una corona del Rosario che possa ricordarLe la fede del nostro popolo.
Vorrei chiederLe ancora, Santità, prima di benedirci, di accogliere nelle Sue mani le nostre promesse sacerdotali perché stasera tutti i preti della Sardegna vogliono sentirsi “sacerdoti novelli”.



Discorso del Santo Padre ai sacerdoti


Cari fratelli nel Sacerdozio,
cari seminaristi e studenti di teologia,
cari fratelli e sorelle!
Conservo viva negli occhi l’immagine suggestiva della solenne celebrazione eucaristica di questa mattina presso la Basilica di Nostra Signora di Bonaria. Attorno a Maria, speciale Patrona di tutta la Sardegna, si sono date appuntamento le comunità parrocchiali dell’intera Regione. Ed ora, quasi a prolungamento di quell’incontro spirituale, ho la gioia di intrattenermi con voi, cari sacerdoti, seminaristi, alunni e docenti della Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna, in questa Cattedrale, anch’essa dedicata a Santa Maria Vergine. In questo tempio antico, rinnovato e abbellito nel corso degli anni dalla cura di zelanti Pastori, tutto parla di fede: una fede viva, testimoniata dalla devota conservazione delle reliquie dei Martiri cagliaritani, tra i quali mi piace citare i santi Vescovi Siridonio, Martino, Ninfo, Ilario, Fabrizio e Giovenale.
Ringrazio di cuore l’Arcivescovo, Mons. Giuseppe Mani, per il rinnovato saluto che mi ha rivolto a nome di tutti i Vescovi, i presbiteri di Cagliari e della Regione. Incontrando voi, cari sacerdoti qui presenti, penso con affetto e gratitudine ai vostri confratelli che lavorano nell’Isola su un terreno dissodato e coltivato con ardore apostolico da coloro che vi hanno preceduto. Sì! La Sardegna ha conosciuto presbiteri che, come autentici maestri di fede, hanno lasciato meravigliosi esempi di fedeltà a Cristo e alla Chiesa. Lo stesso tesoro inestimabile di fede, di spiritualità e di cultura è affidato oggi a voi; è posto nelle vostre mani, perché di esso siate attenti e saggi amministratori. Abbiatene cura e custoditelo con gioia e passione evangelica!
Mi rivolgo ora con paterno affetto alla comunità del Seminario e della Facoltà Teologica, dove molti di voi hanno potuto realizzare la loro formazione dottrinale e pastorale, e dove attualmente diversi giovani si vanno preparando al futuro ministero sacerdotale. Mi preme ringraziare gli educatori e i professori, che quotidianamente si dedicano a un così importante lavoro apostolico. Accompagnare nel loro percorso formativo i candidati alla missione sacerdotale, significa aiutarli innanzitutto a conformarsi a Cristo. In quest’impegno, voi, cari formatori e docenti, siete chiamati a svolgere un ruolo insostituibile, poiché è proprio durante questi anni che si pongono le basi del futuro ministero del sacerdote. Ecco perché, come in diverse occasioni ho avuto modo di ribadire, occorre guidare i seminaristi ad una personale esperienza di Dio attraverso la quotidiana preghiera personale e comunitaria, e soprattutto attraverso l’Eucaristia, celebrata e sentita come il centro di tutta la propria esistenza. Nell’Esortazione post-sinodale Pastores dabo vobis Giovanni Paolo II ha scritto: “Formazione intellettuale teologica e vita spirituale, in particolare vita di preghiera, s’incontrano e si rafforzano a vicenda, senza nulla togliere né alla serietà della ricerca né al sapore spirituale della preghiera” (n.53).
Cari seminaristi e alunni della Facoltà Teologica, voi sapete che la formazione teologica – lo ricordava ancora il mio venerato Predecessore nella citata Esortazione Apostolica - è opera quanto mai complessa e impegnativa. Essa deve condurvi a possedere una visione “completa e unitaria” delle verità rivelate e del loro accoglimento nell’esperienza di fede della Chiesa. Di qui scaturisce la duplice esigenza di conoscere “tutte” le verità cristiane e di conoscerle in modo organico, operando “una sintesi che sia il frutto degli apporti delle diverse discipline teologiche, la cui specificità acquista autentico valore soltanto nella loro profonda coordinazione” (ibid n.54). Inoltre, in questi anni, ogni attività e iniziativa deve disporvi a comunicare alla carità di Cristo Buon Pastore. Di Lui siete chiamati ad essere domani ministri e testimoni: ministri della sua grazia e testimoni del suo amore. Accanto allo studio e alle esperienze pastorali ed apostoliche delle quali potete usufruire, non dimenticate pertanto di porre al primo posto la costante ricerca di un’intima comunione con Cristo. Sta qui, solo qui, il segreto del vostro vero successo apostolico.
Cari presbiteri, cari aspiranti al sacerdozio e alla vita consacrata, Iddio vi vuole tutti per sé e vi chiama ad essere operai nella sua vigna, così come ha fatto con tanti uomini e donne lungo la storia cristiana della vostra bella Isola. Essi hanno saputo rispondere con un “sì” generoso alla sua chiamata. Penso, ad esempio, all’opera evangelizzatrice svolta dai religiosi: dai Francescani ai Mercedari, dai Domenicani ai Gesuiti, dai Benedettini ai Vincenziani, dai Salesiani agli Scolopi, dai Fratelli delle Scuole Cristiane ai Giuseppini, agli Orionini, a tanti altri ancora. E come dimenticare la grande fioritura di vocazioni religiose femminili, di cui la Sardegna è un vero e proprio vivaio? In tanti Ordini e Congregazioni sono presenti donne sarde, specie nei monasteri di clausura. Senza questo grande “nugolo di testimoni” (cfr Eb 12,1), sarebbe stato certamente più difficile diffondere l’amore di Cristo nei paesi, nelle famiglie, nelle scuole, negli ospedali, nelle carceri e nei luoghi di lavoro. Quale patrimonio di bene è venuto accumulandosi grazie alla loro dedizione! Senza il seme del cristianesimo la Sardegna sarebbe semplicemente più fragile e povera. Insieme a voi rendo grazie a Dio che mai fa mancare al suo popolo guide e testimoni santi!

Cari fratelli e sorelle, a voi tocca ora proseguire l’opera di bene compiuta da chi vi ha preceduto. A voi, in particolare, cari presbiteri - e mi rivolgo con affetto a tutti i sacerdoti della Sardegna - assicuro la mia vicinanza spirituale, perché possiate rispondere all’appello del Signore con totale fedeltà come, pure di recente, hanno fatto alcuni vostri confratelli. Ricordo don Graziano Muntoni, sacerdote della diocesi di Nuoro ucciso alla vigilia del Natale del 1998, mentre si recava in Chiesa a celebrare la Messa, e Padre Battore Carzedda del PIME, che ha dato la vita perché i credenti di tutte le religioni si aprano ad un dialogo sincero sorretto dall’amore. Non vi spaventino, né vi scoraggino le difficoltà: il grano e la zizzania, lo sappiamo, cresceranno insieme sino alla fine del mondo (cfr Mt 13,30). È importante essere chicchi di buon grano che, caduti in terra, portano frutto. Approfondite la consapevolezza della vostra identità: il sacerdote, per la Chiesa e nella Chiesa, è segno umile ma reale dell’unico ed eterno Sacerdote che è Gesù. Deve proclamarne autorevolmente la parola, rinnovarne i gesti di perdono e di offerta, esercitarne l’amorevole sollecitudine al servizio del suo gregge, in comunione con i Pastori e fedelmente docile agli insegnamenti del Magistero. Ravvivate dunque ogni giorno il carisma che avete ricevuto con l’imposizione delle mani (cfr 2 Tm 1,6), identificandovi con Gesù Cristo nella sua triplice funzione di santificare, ammaestrare e pascere il gregge. Vi protegga e vi accompagni Maria Santissima, Madre della Chiesa. Quanto a me, tutti vi benedico, con uno speciale ricordo per i sacerdoti anziani e malati, e per le persone affidate alle vostre cure pastorali. Grazie per questo incontro e auguri per il vostro ministero.

 


Discorso del Santo Padre ai giovani


Cari giovani!
È una grande gioia per me incontrarvi, al termine di questo breve ma intenso soggiorno nella vostra bella Isola. Vi saluto tutti con affetto e vi ringrazio per questa calorosa accoglienza. In particolare, ringrazio coloro che, a vostro nome, mi hanno espresso i fervidi sentimenti che vi animano. So che alcuni di voi hanno partecipato alla Giornata Mondiale della Gioventù a Sydney, e sono certo che hanno tratto giovamento da una così straordinaria esperienza ecclesiale. Come ho potuto vedere io stesso, le Giornate Mondiali della Gioventù costituiscono singolari occasioni pastorali per consentire ai giovani del mondo intero di conoscersi meglio, di condividere insieme la fede e l’amore verso Cristo e la sua Chiesa, di confermare il comune impegno di adoperarsi per costruire un futuro di giustizia e di pace.
Vi saluto con affetto, cari ragazzi e ragazze: voi costituite il futuro pieno di speranza di questa Regione. Conosco il vostro entusiasmo, i desideri che nutrite e l’impegno che ponete per realizzarli. Non ignoro, tuttavia, anche le difficoltà e i problemi che incontrate. Penso, ad esempio, alla piaga della disoccupazione e della precarietà del lavoro, che mettono a rischio i vostri progetti; penso all’emigrazione, all’esodo delle forze più fresche ed intraprendenti, con il connesso sradicamento dall’ambiente, che talvolta comporta danni psicologici e morali, prima ancora che sociali. Cosa dire poi del fatto che nell’attuale società consumistica, il guadagno e il successo sono diventati i nuovi idoli di fronte ai quali tanti si prostrano? La conseguenza è che si è portati a dar valore solo a chi – come si suol dire – “ha fatto fortuna” ed ha una sua “notorietà”, non certo a chi con la vita deve faticosamente combattere ogni giorno. Il possesso dei beni materiali e l’applauso della gente hanno sostituito quel lavorio su se stessi che serve a temprare lo spirito e a formare una personalità autentica. Si rischia di essere superficiali, di percorrere pericolose scorciatoie alla ricerca del successo, consegnando così la vita ad esperienze che suscitano soddisfazioni immediate, ma sono in se stesse precarie e fallaci. Cresce la tendenza all’individualismo, e quando ci si concentra solo su se stessi si diventa inevitabilmente fragili; viene meno la pazienza dell’ascolto, fase indispensabile per capire l’altro e lavorare insieme.
Il 20 ottobre del 1985, Giovanni Paolo II, incontrando qui a Cagliari i giovani provenienti dall’intera Sardegna, volle proporre tre valori importanti per costruire una società fraterna e solidale. Sono indicazioni quanto mai attuali anche oggi, che volentieri riprendo evidenziando in primo luogo il valore della famiglia, da custodire come “antica e sacra eredità”. Tutti voi sperimentate l’importanza della famiglia, in quanto figli e fratelli; ma la capacità di formarne una nuova, non può essere data per scontata. Occorre prepararvisi. In passato la società tradizionale aiutava di più a formare e a custodire una famiglia. Oggi non è più così, oppure lo è “sulla carta”, ma nei fatti domina una mentalità diversa. Sono ammesse altre forme di convivenza; a volte viene usato il termine “famiglia” per unioni che, in realtà, famiglia non sono. Soprattutto si è molto ridotta la capacità dei coniugi di difendere l’unità del nucleo familiare a costo anche di grandi sacrifici. Riappropriatevi, cari giovani, del valore della famiglia; amatela non solo per tradizione, ma per una scelta matura e consapevole: amate la vostra famiglia di origine e preparatevi ad amare anche quella che con l’aiuto di Dio voi stessi formerete. Dico: “preparatevi”, perché l’amore vero non si improvvisa. L’amore è fatto, oltre che di sentimento, di responsabilità, di costanza, di senso del dovere. Tutto questo lo si impara attraverso l’esercizio prolungato delle virtù cristiane della fiducia, della purezza, dell’abbandono alla Provvidenza, della preghiera. In questo impegno di crescita verso un amore maturo vi sosterrà sempre la Comunità cristiana, perché in essa la famiglia trova la sua più alta dignità. Il Concilio Vaticano II la chiama “piccola Chiesa”, perché il matrimonio è un sacramento, cioè un segno santo ed efficace dell’amore che Dio ci dona in Cristo attraverso la Chiesa.
Strettamente connesso a questo è l’altro valore che intendo sottolineare: la seria formazione intellettuale e morale, indispensabile per progettare e costruire il vostro futuro e quello della società. Chi su questo vi fa degli “sconti” non vuole il vostro bene. Come potreste infatti progettare seriamente il vostro domani, se trascurate il naturale desiderio che è in voi di sapere e di confrontarvi? La crisi di una società inizia quando essa non sa più tramandare il suo patrimonio culturale e i suoi valori alle nuove generazioni. Non mi riferisco solo al sistema scolastico. La questione è più ampia. C’è un’emergenza educativa, che per essere affrontata richiede genitori e formatori capaci di condividere quanto di buono e di vero essi hanno sperimentato e approfondito in prima persona. Richiede giovani interiormente aperti, curiosi di imparare e di riportare tutto alle originarie esigenze ed evidenze del cuore. Siate davvero liberi, ossia appassionati della verità. Il Signore Gesù ha detto: “La verità vi farà liberi” (Gv 8,32). Il nichilismo moderno invece predica l’opposto, che cioè è la libertà a rendervi veri. C’è anzi chi sostiene che non esiste nessuna verità, aprendo così la strada allo svuotamento dei concetti di bene e di male e rendendoli addirittura interscambiabili. Mi hanno detto che nella cultura sarda c’è questo proverbio: “Meglio che manchi il pane piuttosto che la giustizia”. Un uomo in effetti può sopportare e superare i morsi della fame, ma non può vivere laddove giustizia e verità sono bandite. Il pane materiale non basta, non è sufficiente per vivere umanamente in modo pieno; occorre un altro cibo del quale essere sempre affamati, del quale nutrirsi per la propria crescita personale e per quella della famiglia e della società.
Questo cibo – ed è il terzo grande valore – è una fede sincera e profonda, che diventi sostanza della vostra vita. Quando si smarrisce il senso della presenza di Dio, tutto si “appiattisce” e si riduce ad una sola dimensione. Tutto resta “schiacciato” sul piano materiale. Quando ogni cosa viene considerata soltanto per la sua utilità, non si coglie più l’essenza di ciò che ci circonda, e soprattutto delle persone che incontriamo. Smarrito il mistero di Dio, sparisce anche il mistero di tutto ciò che esiste: le cose e le persone mi interessano nella misura in cui soddisfano i miei bisogni, non per sé stesse. Tutto ciò costituisce un fatto culturale, che si respira fin dalla nascita e che produce effetti interiori permanenti. La fede, in questo senso, prima di essere una credenza religiosa, è un modo di vedere la realtà, un modo di pensare, una sensibilità interiore che arricchisce l’essere umano come tale. Ebbene, cari amici, Cristo è anche in questo il Maestro, perché ha condiviso in tutto la nostra umanità ed è contemporaneo all’uomo di ogni epoca. Questa realtà tipicamente cristiana è una grazia stupenda! Stando con Gesù, frequentandoLo come un amico nel Vangelo e nei Sacramenti, voi potete imparare, in modo nuovo, ciò che la società non è più in grado di darvi, cioè il senso religioso. E proprio perché è una cosa nuova, scoprirla è meraviglioso.
Cari giovani, come il giovane sant’Agostino, ognuno di voi sente il richiamo simbolico di ogni creatura verso l’alto; ogni creatura bella rimanda alla bellezza del Creatore, che è come concentrata nel volto di Gesù Cristo. Quando la sperimenta, l’anima esclama: “Tardi ti ho amato, bellezza così antica e così nuova, tardi ti ho amato!” (Conf. X, 27.38). Possa ognuno di voi riscoprire Dio quale senso e fondamento di ogni creatura, luce di verità, fiamma di carità, vincolo di unità, come canta l’inno dell’Agorà dei giovani italiani. Siate docili alla forza dello Spirito! È stato Lui, lo Spirito Santo, il Protagonista della Giornata Mondiale della Gioventù di Sydney; Egli vi renderà testimoni di Cristo. Non a parole, ma con i fatti, con un nuovo genere di vita. Non avrete più paura di perdere la vostra libertà, perché la vivrete in pienezza donandola per amore. Non sarete più attaccati ai beni materiali, perché sentirete dentro di voi la gioia di condividerli. Non sarete più tristi della tristezza del mondo, ma proverete dolore per il male e gioia per il bene, specialmente per la misericordia ed il perdono. Non penserete più alla Chiesa come ad una istituzione esterna a voi, ma come alla vostra famiglia spirituale. Questa è la fede che vi hanno trasmesso i vostri padri. Questa fede voi siete chiamati a vivere oggi, in tempi ben diversi.
Famiglia, formazione e fede. Ecco, cari giovani di Cagliari e dell’intera Sardegna, anch’io vi lascio queste tre parole, tre valori da fare vostri con la luce e la forza dello Spirito di Cristo. Nostra Signora di Bonaria, Patrona Massima e dolce Regina dei Sardi, vi guidi, vi protegga e vi accompagni sempre! Con affetto vi benedico, assicurandovi un quotidiano ricordo nella preghiera.


Tratto da www.diocesidicagliari.it